L’emergenza pioggia non ha solo tenuto col fiato sospeso i cittadini di Torino e Alessandria, allarmati per le piene del Po e del Tanaro, ma soprattutto i piemontesi residenti in provincia di Vercelli, costretti a vivere di fianco ai depositi (ed ex centrali) nucleari di Trino e Saluggia.

Gli esperti del centro operativo della Protezione civile regionale e dell’Arpa garantiscono che, nonostante il maltempo, “non c’è stato nessun pericolo” ai siti atomici in questione. Se da una parte il deposito di Bosco Marengo (Al) è distante dai corsi d’acqua, dall’altra l’ex centrale di Trino, vicino al Po, e i depositi di Saluggia, circondati da Dora Baltea e i canali Fanali e Cavour, non sono stati toccati. “Non c’è stata nessuna esondazione del Po e della Dora Baltea”, affermano i tecnici che rassicurano: “Gli impianti sono stati oggetto di particolare attenzione e monitoraggio continuo”.

Domenica si era diffuso il timore per il livello Po a Trino, dove il fiume ha solo ricoperto le golene. “C’è sempre un po’ di paura”, dice Gianpiero Godio, responsabile del settore energia per Legambiente in Piemonte e membro “laico” della commissione Ambiente nel Comune di Saluggia. Il ricordo delle alluvioni passate, in particolar modo quella del 2000 in cui si sfiorò l’incidente nucleare, si fa ancora sentire.

”Abbiamo avuto delle grosse esondazioni nel 1993, nel 1994 e nel 2000.” – racconta – ”In soli sette anni ci sono state per tre volte alluvioni considerate come eventi catastrofici molto rari”. In questi giorni però la piena era più debole: “La Dora Baltea si è ingrossata, ma in maniera minore. La portata era di 800 metri cubi al secondo ed è passata via, mentre in passato ha raggiunto i 2000 o i 3000 metri cubi. Certo, a sapere che in quei depositi c’è il 50 per cento delle scorie nucleari italiane non si sta molto tranquilli”.

Per queste ragioni i tecnici dell’Agenzia regionale per l’ambiente, incaricati del monitoraggio “radiologico ionizzante” e cioè del controllo delle radiazioni, hanno effettuato dei sopralluoghi nei siti di Saluggia martedì mattina. “Non c’è stato nessun problema in nessuno dei tre siti in Piemonte perché non ci sono state esondazioni.” – racconta Laura Porzio, una degli esperti – “Noi siamo entrati nell’impianto del deposito ‘Sorin-Avogadro’, il più colpito in passato perché vicino al canale Farini”. Questa struttura, una volta del gruppo Fiat, è un complesso diviso in due parti: una, quella della Sorin, dove si preparavano prodotti farmaceutici con radioisotopi, è destinata a deposito di rifiuti radioattivi solidi e ha una nuova rimessa, più sicura, ultimata un paio di anni fa.

Nella seconda zona, Avogadro, “c’è ancora la piscina, che era quella del reattore e ora funziona come deposito del combustibile nucleare irraggiato.”, spiega Porzio. Per Godio è un’area rischiosa: “Sta a 700-800 metri dal fiume e non ha alcuna difesa”. Come ricorda l’esperta dell’Arpa: “Nel 2000 sono stati allagati solo i locali ausiliari e non l’isola nucleare, però il sito Sorin-Avogadro non ha le protezioni del sito Eurex-So.g.i.n.”.

Questa è l’area che desta più preoccupazioni, ma anche dove sono stati apportati dei miglioramenti. Si tratta di un ex centro ricerche dell’Enea passato ai privati di So.g.i.n: “È il primo impianto che la Dora Baltea incontra quando esonda e allaga.” – dice Porzio – “Nel 2000 abbiamo rischiato che il fiume entrasse nel sito. Nel 2002 è stata terminata la costruzione di un muro di difesa idraulica alto cinque metri e profondo quindici. Prima aveva una piscina con il combustibile irraggiato, ma dopo i rischi passati è stato tutto trasferito all’estero e la piscina è stata svuotata”. La soluzione del muro di cinta non convince il rappresentante di Legambiente: “Eurex è attaccato al fiume e l’impianto viene ugualmente alluvionato perché per il principio dei vasi comunicanti l’acqua sale dalle profondità.”

Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it

 

 

Cesio 137 nei cinghiali della Valsesia, in provincia di Vercelli, ben oltre la soglia prevista dai regolamenti in caso di incidente nucleare. Rilevato in alcuni campioni che erano stati prelevati per una indagine su malattie parassitarie, i ministeri della Salute e dell’Ambiente hanno subito attivato i carabinieri del Nas e del Noe, mentre la Regione Piemonte ha disposto ulteriori approfondimenti ambientali e sugli animali. Una prima riunione d’emergenza, per coordinare le attivita’, e’ in programma gia’ domani mattina a Torino.

DA DOVE PROVIENE?
CESIO NEI CHINGHIALI, ALLARME – A far scattare l’allarme il test di screening per la ricerca del Cesio 137 previsto da una Raccomandazione della Commissione Europea su alcuni capi abbattuti nel comprensorio alpino Valsesia tra il 2012 e il 2013. I risultati hanno evidenziato la presenza di un numero consistente di campioni con livelli di Cesio 137 superiori a 600 Bq/Kg (Becquerel per Kilo, unita’ di misura per il cesio 137). Quanto basta per attivare la procedura d’emergenza, che oltre a nuovi prelievi e campionamenti prevede tra l’altro il monitoraggio dell’area per tentare di individuare la fonte dell’inquinamento.

CESIO, E’ PERICOLOSO? – ‘Il cesio 137 e’ un radionuclide artificiale prodotto dalla fissione nucleare. Viene rilasciato da siti nucleari’, spiega la responsabile dell’Istituto di Radioprotezione dell’Enea, Elena Fantuzzi. Le ipotesi piu’ immediate sono quelle secondo cui potrebbe essere stato rilasciato in seguito all’incidente nella centrale nucleare di Chernobyl del 1986, come per altro sostiene anche Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta. Ma bisogna considerare anche i siti nucleari nella zona, fra i quali la centrale di Trino Vercellese smantellata nel 1987 e il sito sperimentale dell’Enea, a Saluggia. E non e’ esclusa neppure la pista dei rifiuti tossici. ‘Tuttavia – rileva ancora l’esperta – e’ vero che la presenza del cesio 137 viene monitorata costantemente a livello nazionale e le quantita’ rilevate sono inferiori ai valori soglia, che sono molto bassi. I valori rilevati – aggiunge – non sono mai stati preoccupanti’. Secondo Fantuzzi, quindi, bisognerebbe considerare anche il metabolismo dei cinghiali, capire se ha caratteristiche tali da favorire l’accumulo del cesio 137 al di sopra dei limiti considerati sicuri. Tutte ipotesi che al momento, comunque, devono trovare conferma. Ecco perche’ l’assessore all’Ambiente della Regione Piemonte, Roberto Ravello, invita ad evitare gli allarmismi. ‘Aspettiamo – dice – di effettuare gli approfondimenti che stiamo predisponendo in queste ore’.

Da: Giornalettismo

 

 

 

Nuova contaminazione radioattiva accanto al comprensorio nucleare di Saluggia, in provincia di Vercelli, che custodisce combustibile irraggiato proveniente dalle centrali nucleari di Trino Vercellese e di Garigliano.

L’Arpa Piemonte ha reso noto ieri di aver trovato nel sottosuolo Cesio 137 e Cobalto 60.

La contaminazione non rappresenta alcun pericolo per la popolazione, sottolinea l’Arpa. La sostanza comunque è che un tubo perde roba radioattiva. E la Dora Baltea scorre a circa 200 metro di distanza.

Del complesso di Saluggia fanno parte l’impianto Eurex-SO.G.I.N. all’interno del Centro ricerche dell’ENEA (ora è chiuso; effettuava il ritrattamento di elementi di combustibile irraggiato), il Complesso Sorin (produzione di preparati farmaceutici che contengono radioisotopi a breve tempo di dimezzamento e deposito temporaneo di rifiuti radioattivi solidi di II categoria) e il Deposito Avogadro.

Il Deposito Avogadro contiene in una piscina 164 elementi di combustibile nucleare irraggiato, cioè quello scaricato dalle centrali nucleari. Di essi, 101 provengono dalla centrale nucleare di Trino Vercellese e 63 dalla centrale nucleare del Garigliano, situata a Sessa Aurunca (Caserta).

L’Arpa Piemonte parla di perdite lungo la condotta di scarico che esce dal complesso. Dice che i radionuclidi rilevati – Cesio 137 e Cobalto 60, appunto – e il rapporto tra le loro concentrazioni portano “a ricondurre la contaminazione agli scarichi di effluenti liquidi del deposito Avogadro”.

La contaminazione è debole, rileva ancora l’Arpa, di poco inferiore “al valore soglia relativo al limite per la non rilevanza radiologica”, e una persona che trascorresse tutti i 365 giorni dell’anno nel luogo contaminato riceverebbe “una dose da esposizione molto inferiore al limite di legge“. Però la stessa Arpa nota: “Tuttavia è opportuno sottolineare che si tratta di una esposizione indebita”.

Lo strato contaminato si trova ad un paio di metri di profondità. Secondo l’Arpa è “scarsamente probabile” che la contaminazione si estenda ulteriormente verso il basso, mentre le radici delle colture sono molto più superficiali.

Nulla di preoccupante dunque? Usa toni meno tranquillizzanti l’onorevole Ermete Realacci (Pd), annunciando un’interrogazione parlamentare. Egli parla di “una contaminazione piuttosto rilevante che interessa un considerevole tratto di terreno, anche coltivato, e rischia di compromettere le falde idriche”.

La relazione dell’Arpa Piemonte: nuova contaminazione radioattiva a Saluggia

Fonte: http://magazine.quotidiano.net

 


 

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